Descrizione
In questo anno di lavoro come referente del coordinamento comunicazione de "La Casa di Ina" di Termini Imerese, ho constatato, insieme a tutta l’équipe, che raccontare l’accoglienza non è un "di più": è parte integrante del nostro lavoro.
Raccontare l’accoglienza significa dare dignità a ciò che spesso resta invisibile: il lavoro quotidiano, le piccole conquiste dei ragazzi, le relazioni, le collaborazioni con il territorio.
Ma c’è un punto decisivo: se non siamo noi a narrare ciò che facciamo, qualcun altro lo farà al posto nostro. E spesso lo farà con linguaggi e narrazioni lontani dalla realtà, riduttivi, magari basati su stereotipi o pregiudizi. Abbiamo capito che il rischio di non raccontare noi stessi il nostro lavoro è che il valore di ciò che facciamo, l’umanità dei ragazzi che accogliamo, la competenza degli operatori, restino invisibili o vengano addirittura distorti.
Quando è stata avviata la Comunicazione così come è stata impostata, pensata e realizzata in quest’ultimo anno, non nego che all’inizio l’abbiamo vista come un impegno in più, quasi un carico aggiuntivo al lavoro quotidiano. Ma andando avanti con i mesi, abbiamo avuto modo di apprezzare tutti gli aspetti positivi di questo strumento innovativo: ha rafforzato il senso di identità tra noi operatori, ha dato visibilità ai nostri ragazzi, ha fatto emergere la bellezza del lavoro sociale che svolgiamo insieme.
Per questo, la scelta della governance di "Casa dei Diritti" di riconoscere la comunicazione come responsabilità sociale non è stata soltanto coraggiosa e innovativa: oggi direi che è stata provvidenziale.
Perché non basta fare bene le cose: occorre anche saperle raccontare