Descrizione
La mia parola-chiave è coerenza.
Sembra una parola semplice, forse scontata, ma nel contesto dell’accoglienza e dell’integrazione, soprattutto se parliamo di percorsi educativi destinati a persone migranti, “coerenza” è una parola che pesa, che interroga, che chiede responsabilità.
Coerenza significa innanzitutto allineamento tra parole e azioni. Non sempre però si può garantire tale allineamento. Quante volte, come istituzioni, come operatori, come comunità, parliamo di inclusione, di diritti, di pari opportunità, ma poi permettiamo che l’accesso all’istruzione sia ostacolato da burocrazie, mancanza di risorse o barriere culturali non affrontate?
Se vogliamo che i percorsi educativi per le persone migranti siano efficaci, dobbiamo costruirli con coerenza rispetto ai bisogni reali, alle storie personali, ai talenti e ai sogni di ciascuno. Questo significa ascoltare, adattare, accompagnare nel tempo, senza perdere la direzione.
Coerenza significa, inoltre, continuità, progettualità a lungo termine. E i percorsi educativi, per funzionare davvero, devono essere coerenti nel tempo, nei metodi, negli obiettivi. Non possiamo parlare di inclusione se ogni cambiamento di progetto, di operatore o di contesto rimette in discussione tutto ciò che è stato fatto fino a quel momento. Ogni interruzione, ogni incoerenza nel percorso educativo è un ostacolo, una frattura che può compromettere la fiducia, la motivazione, la crescita personale.
Coerenza, infine, è credibilità. Un sistema educativo coerente è un sistema che dà fiducia. Fiducia a chi arriva, a chi riparte da zero, a chi ha vissuto la discontinuità sulla propria pelle. Se mostriamo coerenza nel nostro agire educativo, allora anche chi è accolto potrà sentirsi parte di un progetto, e non solo destinatario di un servizio.
Ecco perché ho scelto questa parola. Perché credo che, se vogliamo davvero fare integrazione, e non solo accoglienza, allora dobbiamo impegnarci ogni giorno per costruire percorsi educativi che siano coerenti, solidi, umani.